Estratto da Cronologia Meridiani di Claudio Magris
Per provare a capire questa città è necessario comprenderne appieno la sua posizione nel continente e nella storia. Sono passati poco più di cento anni da quando l’Audace (la prima nave italiana ad attraccare a Trieste nel 1918) toccò le rive del porto triestino e la città divenne italiana completando il progetto risorgimentale, approfittando della dissoluzione dell’impero asburgico. Ma non sono stati cent’anni semplici. Il fascismo ha tentato di ridare un’identità romana alla città, attraverso una continua propaganda ed atti estremi tipici del tempo, uno dei più eclatanti fu sicuramente la distruzione dell’Hotel Balkan, centro culturale e polivalente sloveno dato alle fiamme nei 1919 dagli squadristi con la connivenza della polizia. Anche negli anni della prima guerra mondiale la situazione fu paradossale, il governo austriaco chiamava a combattere contro l’Italia tanti italiani triestini, che si rifiutarono. L’irredentismo nasce fondamentalmente qui nella seconda metà dell’ottocento, ma è un argomento complesso che richiede conoscenze molto specifiche, difficile da esplicare in questa sede. Proverò più che altro a provare a tracciare con umiltà un profilo identitario della città. Il libro della Morris riprende a riguardo una citazione del poeta, scrittore, militare e irredentista Scipio Slataper, il quale diceva che nel carattere di Trieste si mescolavano: La nostalgia slava, la sicurezza tedesca e un istinto italiano per l’armonia. Tre mondi e tre modi di vivere che si incrociano in questo preciso punto della terra, generando un’identità difficilmente comprensibile, utilizzando solamente i parametri della ragione. Diverse persone con cui mi sono confrontato mi hanno detto che camminando per Vienna si sentono più a loro agio che a Roma, ma non lo dicevano con sciovinismo o con quel retrogusto disperante e insopportabile dei sudtirolesi, lo dicevano con serenità, con grande amore per l’Italia, con rispetto della loro unica tradizione, della loro formidabile storia. Gli Asburgo hanno fatto diventare questa città il porto dell’Impero Austro-Ungarico, ciò ha portato anche ad un incredibile sviluppo finanziario che ha attratto comunità da tutto il mediterraneo: greci, serbi, croati e, tanti, ebrei. A Trieste c’è una delle Sinagoghe più belle d’Europa, c’è una splendida Chiesa Ortodossa, folte comunità slovene. Tutt’ora la sua personalità è di difficile definizione ma non è vacua come quelle città cosmopolite a cui la globalizzazione ci ha abituato nell’ultimo ventennio dove non esistono più abitanti locali. I triestini sono presenti, amano la loro città, la loro identità. La portano avanti e la alimentano quotidianamente con fierezza. In ogni casa c’è una libreria con testi dedicati a Trieste: libri di fotografia, di storia, romanzi, poesie, documenti, ogni volta che trovano in giro un libro che parla di Trieste lo comprano e lo portano dentro. Nell’era della globalizzazione selvaggia che vuole distruggere ogni autenticità in nome dell’omologazione dei popoli, Trieste è una città che resiste, che si ama, che si cura, che si rafforza.
- Quali eventi storici sono ricordati dall’autore?
- A quale movimento politico e culturale fa riferimento? Quando si è sviluppato? In che cosa ha avuto origine?
- Come viene giudicato dall’autore il governo degli Asburgo a Trieste?4. Quali tre mondi coesistono a Trieste? Quale scrittore triestino ne parla?
- Secondo Magris, qual è la differenza tra gli abitanti di Trieste e quelli che popolano le città cosmopolite dell’era della globalizzazione?