Letteratura

Palermo agli occhi degli stranieri

Johann Wolfgang Goethe nel suo Italienische Reise (Viaggio in Italia) loda la bellezza della città di Palermo. Scrive infatti:

“Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava intorno alle coste quando arrivammo a Palermo in un pomeriggio stupendo. La purezza dei contorni, la soavità dell’insieme, il degradare dei toni, l’armonia del cielo, del mare, della terra… chi li ha visti una volta non li dimentica per tutta la vita.”

Anna-Élisabeth de Noailles romanziera e poetessa francese di origine romena ha detto nei suoi versi:

“La natura assolata | i prati riarsi | il vetturino dagli occhi saraceni | i muli travestiti da sultani | al trotto sotto bianchi parasole | i muri bianchi corrosi dal sole | il paradiso tra le palme | il cielo colorato di splendore e di noia.| Se qui morirò, portatemi | vicino alla Senna | dove il cielo è leggero: | avrei paura di non sentirmi morta | sepolta sotto gli aranci.”

Oscar Wilde che visitò Palermo nel 1900, rimase molto affascinato dai suoi (Conca d’Oro) “boschetti di limoni e giardini di aranci …, di una perfezione cosi totale…”, da definirne gli agrumi “lampade d’oro in una verde notte”.

Sigmund Freud, nel 1910 scrisse alla sua compagna Martha: “Palermo è stata un’ orgia inaudita, che non bisognerebbe concedere a sé soli…Non avevo ancora osservato tutto insieme tanto splendore di colori, tanti panorami, profumi e anche tanto benessere”. Molto lusinghiera questa descrizione di Palermo proprio perché fatta da chi aveva viaggiato in tutta Europa.

Lo storico inglese Denis Mack Smith ha scritto che nel Medioevo “Chi visitava Palermo, capitale araba, era impressionato dal fatto di trovarvi una popolazione composta da greci, longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari e neri sudanesi…” che vivevano in armonia in una città amministrata con grande efficenza.

Palermo nella letteratura italiana

  • Luigi Pirandello, L’esclusa (1901)
  • Luigi Natoli, I beati Paoli (1909)
  • Elsa Morante, Menzogna e sortilegio (1948)
  • Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo (1957)
  • Leonardo Sciascia, Porte aperte (1987)
  • Roberto Benigni e Vincenzo Cerami, Johnny Stecchino (1991)
  • Santo Piazzese, I delitti di Via Medina-Sidonia (1996)
  • Carla Maria Russo, La sposa normanna (2004)
  • Giorgio Vasta, Il tempo materiale (2008)
  • Andrea Camilleri, La rizzagliata (2009)
Ascoltiamo

Adesso ascoltiamo una novella ambientata nella Palermo del Trecento, tratta dal Decameron di Giovanni Boccaccio. Che cosa racconta questa novella? La novella, la decima dell’ottava giornata, narra di un mercante fiorentino, Niccolo da Cignano, soprannominato Salabaetto[1], che andò a Palermo per vendere tessuti di lana.

In quell’epoca, quando i mercati arrivavano al porto di una città di mare, dovevano scaricare le loro mercanzie in un magazzino della dogana, darne un elenco e dichiararne il valore. I doganieri registravano sul libro della dogana tutta la mercanzia, riservandosi il diritto di pagare al mercante tutto o parte di essa. I sensali (mediatori) poi trovavano alla dogana informazioni sulla qualità e la quantità delle mercanzie che vi erano depositate ed anche su chi erano i mercanti, per poter eventualmente trattare baratti e vendite, se volevano.

[1] Uno studioso italiano, Fabrizio Franceschini, ha ipotizzato che il soprannome “Salabaetto” sia una combinazione dell’aggettivo arabo “salabi” che significa simpatico e di bell’aspetto e il suffisso diminutivo/vezzeggiativo italiano -etto.

La novella (testo in versione facilitata)

Questo avveniva anche a Palermo dove c’erano anticamente ed anche in quei tempi, femmine bellissime di corpo, ma nemiche dell’onestà, le quali da chi non le conosceva erano ritenute donne onestissime. Esse, dedite non a radere ma a scorticare gli uomini, come vedevano un mercante forestiero, si informavano alla dogana di ciò che aveva e di quanto avrebbe potuto guadagnare. Poi, con gesti piacevoli e amorosi, li adescavano e li facevano innamorare. Già ne avevano attirati molti, ai quali avevano tolto buona parte della mercanzia, talvolta anche tutta. Altri, ancora, ci avevano rimesso non solo la mercanzia, ma anche la nave e vi avevano lasciato la carne e le ossa, tanto la barbiera aveva saputo usare il rasoio. Un giorno arrivò, a Palermo mandato dai suoi capi, un giovane fiorentino, Niccolò da Cignano, soprannominato Salabaetto, con tanti panni di lana che non aveva venduto alla fiera di Salerno. Questi panni potevano valere cinquecento fiorini d’oro.

Pagata la tassa ai doganieri, Salabaetto lasciò i suoi panni in un magazzino e cominciò ad andare in giro per lla città, per divertirsi. Salabaetto era un bel giovane biondo e quando lo vide una di quelle barbiere, che si faceva chiamare madama Biancofiore, provò subito un grande interesse. Il giovane se ne accorse e, ritenendola una gran bella donna, pensò di potersi abbandonare a quel possibile amore. Senza parlarne con nessuno, cominciò a passare davanti alla casa di lei. Biancofiore, fingendo di essersi innamorata di lui, gli mandò una sua femmina esperta nell’arte amorose, la quale, con le lacrime agli occhi, gli disse che la sua bellezza aveva conquistato la sua padrona, che non trovava pace né notte, né giorno e voleva incontrarsi con lui in un bagno, in segreto. Detto ciò, prese un anello della padrona dalla borsa e glielo donò. Salabaetto, udendo quelle parole, fu l’uomo più lieto del mondo. Preso l’anello, se lo fregò sugli occhi, lo baciò, se lo mise al dito e rispose che se madonna Biancofiore l’amava era ben contraccambiata, perché egli l’amava più della sua vita ed era disposto ad andare dovunque lei volesse e a qualsiasi ora. La messaggera portò alla padrona la risposta e ben presto riferì a Salabaetto in quale bagno si sarebbe dovuto trovare il giorno seguente, dopo il vespro.

Il giovane, senza dire niente a nessuno, si recò all’ora stabilita al bagno che la donna aveva preso. Presto arrivarono due schiave: una portava sul capo un morbido materasso e l’altra un grandissimo paniere pieno di ogni ben di Dio. Steso il materasso su una lettiera, vi mise sopra delle morbidissime lenzuola di seta e un coperta di lino di Cipro, bianchissima e meravigliosamente ricamata. Poi, entrambe si svestirono, entrarono nel bagno e lo pulirono alla perfezione.

Poco dopo, arrivò al bagno la loro padrona con altre due schiave. Lì fece gran festa a Salabaetto, lo abbracciò, lo baciò e gli disse che le aveva messo il fuoco nell’anima. Poi, entrambi nudi, entrarono nel bagno con le due schiave. Qui, senza che le altre lo toccassero, ella stessa, con sapone profumato di muschio e di garofano, lavò delicatamente Salabaetto, poi si fece lavare dalle schiave. Fatto ciò, le schiave portarono due lenzuola bianchissime e fini, profumate di rosa; una vi avvolse il giovane, l’altra la donna. Infine, condussero entrambi sul letto, dove, dopo che smisero di sudare, tolsero loro i teli, lasciandoli nudi. Tratti dal paniere vasetti di argento bellissimi, alcuni pieni di acqua di rosa, altri di acqua di fiori d’arancio, altri di acqua di fiori di gelsomino, e ne spruzzarono tutto il contenuto. Infine li rallegrarono con dolciumi e preziosissimi vini. A Salabaetto sembrava di essere in Paradiso, guardava estasiato la donna e non vedeva l’ora che le schiave se ne andassero per poterla prendere tra le braccia. Appena le schiave, al comando della donna, lasciata una piccola torcia nella camera, se ne andarono, Biancofiore abbracciò il giovane e lui lei, con grandissimo piacere di Salabaetto, al quale sembrava che la donna si struggesse d’amore per lui.

Biancofiore e Salabaetto rimasero insieme per molto tempo, poi la donna si alzòe chiamò le schiave. I due amanti si vestirono e, bevendo e mangiando, si rifocillarono. Infine, la donna, prima di andarsene, lo invitò a cena a casa sua per quella sera. Salabaetto, molto preso dalla bellezza di lei e credendo di essere da lei amato, accettò ben volentieri l’invito, promettendole avrebbe fatto tutto ciò che lei voleva.

Lei, ritornatasene a casa, fece ornare splendidamente la sua camera e fece preparare un’ottima cena, attendendo il giovane. Appena si fece buio Salabaetto arrivò e, con grande festa e ben servito, cenò.

Dopo cena, entrati in camera, sentì un profumo di legno di aloe e di varie essenze cipriane e vide un bellissimo letto decorato, che gli fece pensare che la donna dovesse essere ricca e importante. E, sebbene da informazioni prese aveva sentito mormorii sulla donna, si volle fidare e giacque con lei tutta la notte, molto piacevolmente. Al mattino ella gli mise nelle mani una cintura d’argento con una bella borsa, dicendogli che gli affidava tutto quello che aveva. Salabaetto lieto l’abbracciò, la baciò e,uscito dalla casa di lei, se ne andò al mercato, dove si recavano tutti i mercanti.

In seguito si incontrò spesso con lei, invischiandosi sempre di più.

Un bel giorno Salabaetto vendette tutti i suoi panni in contanti, ottenendo un buon guadagno. Subito la bella Biancofiore ne fu informata, non da lui ma da altri. Quando Salabaetto si recò da lei, lei lo accolse abbracciandolo e baciandolo, tanto infiammata che pareva volesse morire d’amore tra le sue braccia. Gli voleva donare due bellissime coppe d’argento che il giovane non volle accettare, sapendo che ognuna valeva almeno trenta fiorini d’oro. Alla fine, mentre si fingeva molto innamorata e disinteressata, una sua schiava, come le era stato ordinato, la chiamò. Si trattenne un po’ fuori dalla camera, ritornò piangendo e, gettatasi sul letto, cominciò a lamentarsi dolorosamente.

Salabaetto ,meravigliato, le chiese il motivo del suo dolore. Lei, dopo essersi fatta molto pregare, gli disse che aveva ricevuto lettere da Messina in cui il fratello le chiedeva di vendere ed impegnare tutto ciò che avevano a Palermo e di mandargli, entro otto giorni, mille fiorini d’oro, altrimenti gli sarebbe stata tagliata la testa. La donna continuò a piangere, dicendo che non sapeva come fare per poter avere una tale somma in così poco tempo. Se però avesse avuto almeno quindici giorni, avrebbe potuto procurarsene molti di più, anche vendendo i suoi possedimenti.. Detto ciò, fortemente rattristata, continuò a piangere. Salabaetto, a cui l’amore aveva tolto ogni senno, credendo alle sue lacrime a alle sue parole, disse “Madonna, io vi potrei dare non mille ma cinquecento fiorini d’oro, se vi sta bene, se voi credete di potermeli restituire fra quindici giorni; per fortuna proprio ieri, ho venduto i miei panni, altrimenti non avrei potuto prestarvi nemmeno un soldo”. La donna, sentendo che il giovane prima di quella vendita il giovane non aveva un soldo, disse con falsità che, se l’avesse saputo, gliene avrebbe prestati volentieri, non mille, ma certamente cento o duecento. Salabaetto rispose che poteva aiutarla e l’avrebbe fatto volentieri. Biancofiore, tutta moine e lacrime, rispose che ella era già sua senza quel prestito di denaro e lo sarebbe stata ancora di più per la gratitudine di aver salvato la testa del fratello. Aggiunse che prendeva quei soldi malvolentieri e solo perché ne aveva bisogno, con la speranza di renderglieli al più presto, impegnando, in caso di necessità, tutte le sue cose. Salabaetto cominciò a confortarla e rimase tutta la notte con lei. Al mattino, senza aspettare da lei alcuna richiesta, le portò cinquecento fiorini d’oro, che ella, sorridendo nel cuore e piangendo con gli occhi, accettò, con una semplice promessa verbale di restituzione.

Come la donna ebbe i denari, cominciarono a mutare i suoi atteggiamenti. Mentre prima il giovane andava a casa della donna ogni volta che voleva, poi incominciarono a sopraggiungere mille scuse, per cui doveva presentarsi sette volte per poter entrare una sola. Non gli erano più fatte le feste e le carezze di prima. Essendo passati più di due mesi dal termine fissato per la restituzione del denaro, veniva pagato solo con promesse. A Salabaetto che aveva compreso l’inganno della donna e la propria stupidità, dato che non aveva alcuna prova scritta, né alcun testimone, non rimase che piangere.

Avendo ricevuto dai suoi capi numerose lettere di richiesta dei denari ricavati dalla vendita dei panni, decise di partire e salito su una piccola nave, se ne andò non a Pisa ma a Napoli. A Napoli, in quel tempo, si trovava il loro compare Pietro del Canigiano, tesoriere dell’imperatrice di Costantinopoli, uomo di grandissima intelligenza e di sottile ingegno, amico di Salabaetto e della sua famiglia. A lui il giovane raccontò tutto ciò che gli era successo, chiedendogli aiuto e consiglio, affermando che non sarebbe mai più tornato a Firenze.

Pietro del Canigiano lo rimproverò dicendogli “Hai fatto male, non hai obbedito ai tuoi maestri ed hai speso troppi denari in dolcezze, ma ormai è fatto, bisogna trovare un rimedio”, E. da uomo saggio, disse che cosa doveva fare al giovane, che subito decise di obbedire.

Avendo ancora qualche denaro ed avendonegliene prestati altri il Canigiano, fece molte balle ben legate, comprò ancora 20 botti di olio, le riempì e, caricata ogni cosa, se ne tornò a Palermo.

Affidate le balle e le botti ai doganieri e fatta scrivere ogni cosa, le fece mettere nei magazzini, dicendo che non si doveva toccare niente, finchè non fosse arrivata altra mercanzia che lui attendeva. Biancofiore scoprì subito che la merce valeva circa duemila fiorini d’oro e che quella che doveva arrivare ne valeva circa atri tremila. La donna pensò di aver ricavato poco dalla sua truffa a Salabaetto, quindi decise di restituirgli i cinquecento fiorini per poter avere la maggior parte dei 5.000 e perciò lo mandò a chiamare. Salabaetto, divenuto più furbo, vi andò. Lei, fingendo di non sapere niente di ciò che aveva portato, gli fece una gran festa e gli chiese se si era preoccupato perché non gli aveva restituito i suoi denari alla data prevista. Il giovane, ridendo, disse “Madonna, in verità mi dispiacqui un poco, come uno che si sarebbe tolto il cuore per darvelo, se voi l’aveste gradito. Vi voglio dire che è tanto l’amore che ho per voi che ho fatto vendere la maggior parte dei miei possedimenti ed ho portata qui tanta mercanzia del valore di oltre 2.000 fiorini e ne aspetto da Ponente tanta altra che ne varrà almeno 3.000. Intendo fare qui un’azienda e restare qui per esservi sempre vicino “.

E la donna gli rispose “Vedi, Salabaetto, mi piace moltissimo la tua decisione di fermarti qui, perché ti amo più della mia vita, e spero di stare ancora molto tempo con te. Ma mi voglio scusare perché, prima che te ne andassi, alcune volte volevi venire da me e non potesti, alcune volte venisti e non fosti accolto lietamente, come solevi e, oltre a ciò, non ti resi i tuoi denari al termine promesso. Devi sapere che, in quel periodo, ero molto addolorata e chi si trova in quella condizione, sebbene ami molto un altro, non può dedicare molti pensieri a chi vorrebbe. Inoltre, devi sapere che è molto difficile per una donna trovare 1.000 fiorini d’oro. Ogni giorno le si dicono un sacco di bugie senza che ella ottenga ciò che le è stato promesso, perciò è costretta a mentire ad altri. Per quel motivo, non per altro, non ti rendei i tuoi denari. Poco dopo venni a sapere della tua partenza. Se avessi saputo dove mandarteli te li avrei mandati, ma, poiché non lo sapevo, te li ho conservati “.

E, fattasi portare una borsa, contenente il denaro, gliela consegnò, dicendogli di contarlo per vedere se c’erano tutti i 500 fiorini d’oro. Salabaetto lo conto e fu lietissimo, perché vide che c’erano tutti I suoi 500 fiorini e li ripose. Poi la ringraziò e le disse che, incassati gli altri denari, sarebbe stato disponibile per ogni altra sua necessità.

Mostrando di essere ancora innamorato, il giovane riprese la relazione amorosa con Biancofiore e fu accolto con grande amore e grandi onori. Ma Salabaetto voleva punire l’inganno subito, ingannando a sua volta la donna.

Un giorno ella lo invitò a cena a casa sua e lui andò con un volto così malinconico e triste da sembrare in punto di morte. Biancofiore l’accolse abbracciandolo e baciandolo e gli domandò il perché di tale malinconia. Dopo essersi fatto pregare a lungo, disse “Sono distrutto perché la nave sulla quale è la mercanzia che aspettavo è stata presa dai corsari di Monaco, che chiedono un riscatto di 10.000 fiorini d’oro. A me tocca pagarne 1.000 e non ho denari, perché i 500 fiorini che mi rendeste li ho mandati a Napoli per investimenti in tele da portare qui. Se vorrò vendere adesso la mercanzia che ho qui, dovrò svenderla a basso prezzo e ne ricaverò poco e niente. Qui non sono ancora così conosciuto da trovare qualcuno che mi possa aiutare, perciò non so che fare e dire. Se non mando i denari, la mercanzia sarà portata a Monaco e non riavrò più nulla”. La donna, tutta addolorata per la notizia, poiché le sembrava di essere sul punto di perdere tutto, pensando a cosa poteva fare perché la mercanzia non finisse a Monaco, disse “Dio sa come sono rammaricata, se avessi i denari che ti servono, te li presterei immediatamente, ma non li ho. E’ vero che c’è una persona che pochi giorni fa mi ha prestato i 500 fiorini da restituirti, ma presta ad usura e vuole il trenta per cento di interesse. Se ti volessi rivolgere a lei, dovresti dare un buon pegno ed io sono pronta ad impegnare tutti i miei averi e me stessa per poterti servire, ma il rimanente, come te lo procurerai?”. Salabaetto comprese subito che l’usuraio era la donna stessa e i denari di cui parlava la donna dovevano essere i suoi, quelli che lui le aveva prestato. Allora la ringraziò e disse che non avrebbe mai pagato un interesse tanto alto. Avrebbe preferito, invece, lasciare in garanzia la mercanzia che aveva in dogana, facendola registrare a nome di chi gli avrebbe prestato i denari. Ma voleva avere la chiave del magazzino, per poter mostrare la mercanzia, se fosse richiesto, e per essere sicuro che nessuna cosa fosse cambiata o rubata. La donna convenne che era giusto.

Nel giorno stabilito Biancofiore mandò un sensale di sua fiducia, gli diede 1.000 fiorini d’oro, che il sensale prestò a Salabaetto. Il sensale fece scrivere a suo nome la merce che il giovane aveva nel magazzino; furono completati i contratti, che furono controfirmati in perfetto accordo, e ognuno se ne andò per i fatti suoi.

Salabaetto, appena potè, su una navicella, se ne tornò a Napoli da Pietro del Canigiano con 1.500 fiorini d’oro. Di lì mandò a Firenze ai suoi maestri un rendiconto dei panni che gli avevano affidato.

Pagato Pietro e tutti quelli cui doveva qualcosa, rise per più giorni col Canigiano dell’inganno fatto alla siciliana. In seguito, smise di fare il mercante e se ne andò a Ferrara.

Biancofiore, non trovando Salabaetto a Palermo, divenne sospettosa. Dopo aver aspettato ben due mesi, visto che non veniva, chiamò il sensale e fece aprire i magazzini. Fece aprire prima le botti, che si credeva fossero piene di olio, e, invece, le trovò piene di acqua marina, avendo ciascuna sull’apertura, una certa quantità di olio.

Poi, sciogliendo le balle, ne trovò soltanto due piene di panni, mentre tutte le altre le trovò piene di capecchio (sfilacciatura). In breve, tutto ciò che c’era non valeva più di 200 fiorini.

Biancofiore, ritenendosi fregata, pianse i 500 fiorini, ma ancora di più i mille prestati, dicendo spesso “Chi ha a che fare con un tosco non può essere losco”. Cioè “Chi ha a che fare con un toscano non può essere cieco”.

E così rimase con il danno e con le beffe, perché trovò uno che ne sapeva quanto lei.

Vocabolario

Prima di leggere e durante la lettura della novella di Boccaccio, guarda il significato delle seguenti parole riportate qui sotto nell’ordine in cui si trovano in neretto nel testo.

Dogana = Ufficio che esercita il controllo sulle merci che passano le frontiere di uno Stato e riscuote l’eventuale imposta (tassa).

Scorticare = Togliere la pelle ad un animale

Adescare = Attirare con un’esca, ingannando

Rimetterci = Perdere dei soldi in un affare

Barbiera = Chi tagliava barba e capelli e faceva piccolo operazioni chirurgiche

Fiorini = Nome di varie monete auree di diverso tipo, valore e conio, emesse nei secoli scorsi.

Contraccambiare = dare o fare qualcosa di adeguato rispetto ad un dono o favore ricevuto

Vespro = Parte del giorno intorno al tramonto

Ogni ben di Dio = Specialmente abbondanza di cibi in tavola

Lettiera = Intelaiatura del letto su cui si pone il materasso

Ricamata = Si dice di tessuto ornato con un lavoro di ago e filo

Avvolgere = coprire qualcuno girando intorno al suo corpo

Sudare = Traspirare

Paniere = Cesto fatto con rami sottili e flessibili di alcune piante

Spruzzare = Gettare, o mandar fuori con una certa forza una quantità di acqua o di altri liquidi, ridotta a gocce e schizzi più o meno minuti:

Non vedere l’ora = Essere molto impaziente nell’attesa di qualcuno o qualcosa di positivo

Struggersi = Soffrire

Rifocillarsi = Ristorasi con cibi e bevande

Mormorio = Parole pronunciate a mezza voce

Giacere = sdraiarsi sul letto

Invischiarsi = essere intrappolato in una relazione

Somma = Cifra, Ammontare

Senno = capacità d’intendere, giudicare e operare nel modo più giusto e conveniente

Moina = Azione, comportamento e parole affettuosi ma spesso non sincere

Rammaricato = Rattristato

Impegnare = Dare qualcosa in pegno come garanzia di un debito

Fare le feste = Dimostrare gioia all’arrivo di qualcuno

Balla = Grande sacco di tela usato per il trasporto di merci

Truffa = Frode

Botte = Grosso contenitore in legno per vino e oliio

Azienda = Organismo costituito da beni e persone mirante al raggiungimento di uno scopo economico

Sensale = Mediatore tra venditore e acquirente

Inganno = Frode

Discussione

Completa le frasi in maniera adeguata

  1. Quando arrivava una nave nel porto di Palermo, gli uomini che scaricavano le merci _________ profusamente.
  2. Dopo il lavoro, i mercanti andavano a ____ in una taverna.
  3. Salabaetto era molto _____________ perché aveva creduto alle menzogne di Biancofiore.
  4. Interesse dei mercanti era guadagnare molti _______________.
  5. Il povero Salabaetto _____________ di recuperare il denaro rubatogli da Biancofiore.
  6. I ______________ mediavano tra i mercanti e gli acquirenti.
  7. Fortunatamente per loro, molti mercanti perdevano il ________ per le belle siciliane.
  8. Le schiave di Biancofiore portavano la frutta in un grande ______________.
  9. Sulle tavole dei ricchi siciliani c’era _________________________.
  10. La __________ conteneva un vino rosso ad alta gradazione.
  11. Quando i mercanti toscani in Sicilia ricevevano un regalo o gli veniva fatto un favore, volevano sempre __________________.
  12. Biancofiore _______ sulla faccia di Salabaetto molte gocce di acqua al gelsomino, di cui era pieno il suo giardino.
  13. La ______________ registrava le quantità e il valore delle merci che arrivavano al porto.
  14. Le barbiere siciliane __________ solamente i mercanti più ingenui.

Conversazione e scrittura.

Ricostruisci la novella con un compagno/una compagna, rispondendo alle seguenti domande:

  • Che cosa racconta questa novella? Pensi che ci sia una buona descrizione dell’ambiente in cui si svolgono gli eventi?
  • Come definisce Boccaccio quest’ambiente e Palermo? Parlando dei suoi abitanti, o attraverso rumori, voci, colori, aromi, vegetazione?
  • Cosa potresti dire sui personaggi? Non solo su Salabaetto e Biancofiore ma anche su Pietro del Canigiano a cui il giovane Salabaetto chiede consiglio.
  • Chi era quest’uomo?
  • E, infine, che cosa ci dice questa novella sui rapporti tra uomo e donna nel quattordicesimo secolo?